È molto sentito il bisogno, non più procrastinabile, di andare all’essenziale, tanto nella vita personale quanto in quella parrocchiale ma andrebbe definito meglio che cosa si ritiene essenziale per una comunità cristiana impegnata nell’annuncio del Vangelo.
La realtà delle parrocchie è ancora generalmente positiva: diverse persone si rendono disponibili, c’è una buona presenza degli Organismi di comunione, molti si affacciano agli ambienti parrocchiali. Tutto questo però contiene anche degli elementi di criticità: c’è il rischio dell’autoreferenzialità, di essere troppo legati a schemi e abitudini che danno sicurezza e a programmi consolidati. Va ripensata radicalmente la pastorale, passando da una pastorale di “conservazione” ad una pastorale di evangelizzazione e di missione. Non si possono più fare le cose di prima e come si facevano prima: i tempi sono cambiati e richiedono di percorrere nuove strade di evangelizzazione.
Le proposte parrocchiali spesso sono scollegate dalla vita e dalle aspettative delle persone: è come se non fosse previsto l’aggancio per andare in profondità, per scoprire il cuore della fede e condividerlo. Bisogna qualificare le proposte, senza guardare i numeri, far partire il nuovo e non ridurci al fare. Bisogna essere esigenti, anche a costo di lasciare iniziative inconcludenti, togliendo ciò che non è decisivo e valorizzando quanto permette alle persone di ripartire nel cammino di fede.
Emerge pertanto la necessità di rompere schemi ripetitivi, di destrutturare e ripensare l’impianto organizzativo, lasciando più spazio alle domande delle persone e all’annuncio del Vangelo. La vita delle parrocchie ha bisogno di mettere al centro le relazioni e la vita comunitaria: l’ascolto e l’annuncio di Gesù, infatti, si incarna nell’incontro ed è favorito da un clima di condivisione.